Società ed economia tra I e II secolo d. C.
Tutti gli imperatori adottivi furono nel complesso buoni sovrani, ma la prosperità dell’impero non dipese solo dalla capacità dei singoli principi: la pace garantiva il controllo del Mediterraneo e una maggiore stabilità economica. Tuttavia verso la fine del II secolo d. C. cominciarono a manifestarsi segnali di crisi: invasioni barbariche, epidemie, difficoltà economiche. Si diffusero culti di origine orientale perché la religione romana non dava risposte al problema del destino dell’uomo dopo la morte. I nuovi culti vennero tollerati perché la religione romana essendo politeista non vedeva contraddizione nella proliferazione di riti diversi.
I rapporti tra l’impero e l’ebraismo furono, però, particolarmente problematici. Attorno al 30 d. C. a Gerusalemme era stato giustiziato un ebreo di nome Gesù i cui seguaci consideravano il Messia e professavano una nuova religione: il Cristianesimo. Da II secolo in poi lo Stato iniziò a considerare questa religione un crimine da perseguitare, anche per via delle pressioni popolari. La classe dirigente la considerava un elemento destabilizzante, perché escludeva la divinità dell’imperatore, predicava di non uccidere, proclamava l’uguaglianza tra liberi e schiavi, uomini e donne. Inoltre prometteva una vita ultraterrena.
I confini dell’Impero romano erano notevoli e servivano smisurate forze militari per difenderli, soprattutto quelli settentrionali dove premevano i popoli germanici che i romani chiamavano barbari. Molti imperatori accettarono i barbari come foederati nel territorio e mercenari nell’esercito. Le province giunsero a un alto grado di prosperità, diventando i maggiori centri di produzione in concorrenza con Roma e l’Italia, la cui posizione economica si fece più debole.
Fermatasi l’estensione territoriale vennero meno gli afflussi di nuove ricchezze e di schiavi che sostenevano la vita economica delle città romane, centri di consumo e non di produzione. L’aumento della povertà rese più forti le tensioni sociali, e il declino delle campagne si ripercorse sulle città, dove le mancanze alimentari cominciarono a decimare la popolazione. A questo si aggiunse il processo di inflazione poiché gli imperatori coniavano monete per mantenere gli eserciti.
Questa la situazione romana alla fine del II secolo d. C.