Tiberio e Caio Gracco
Tiberio Gracco, eletto tribuno della plebe nel 133 a.C., capì che il problema più grave per la società romana di quel periodo era il completo impoverimento dei piccoli proprietari terrieri, costretti a vendere le loro terre. Propose così una legge agraria in base alla quale nessuno poteva avere più di 500 iugeri (circa 125 ettari) di agro pubblico, un terreno che per legge apparteneva allo Stato, ma di cui in pratica si erano impadroniti i latifondisti. Tutto il terreno recuperato doveva essere ridistribuito in parti uguali tra i contadini che avevano perso la loro proprietà: in questo modo, secondo Tiberio, sarebbero diminuiti i disordini a Roma. Il Senato, comunque, vedendo colpiti i propri interessi (la maggior parte dei senatori era infatti proprietaria di latifondi) si oppose alla legge: scoppiarono così dei tumulti e Tiberio venne ucciso.
Nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe il fratello di Tiberio, Caio Gracco. Sempre con l’obiettivo di diminuire la povertà per evitare tensioni e conflitti interni a Roma, portò avanti la proposta della legge agraria del fratello. Inoltre propose di distribuire mensilmente il frumento a prezzo ridotto ai cittadini più poveri, di fondare nuove colonie per dare terre ai contadini e di calmare il malcontento delle città italiche concedendo ai loro abitanti la cittadinanza romana. Anche le proposte di Caio Gracco trovarono la decisa opposizione del Senato e nel 121 a.C. fu ucciso insieme a molti suoi sostenitori.
Che cos’è un latifondo? In questo periodo i grandi proprietari terrieri appartenevano quasi tutti alle vecchie famiglie aristocratiche patrizie che da sempre avevano avuto accesso al Senato. Possedevano vaste distese di terre che in parte venivano lasciate incolte e destinate al pascolo e in parte venivano coltivate perlopiù dagli schiavi con prodotti che richiedevano poco lavoro e quindi una bassa manodopera. Questo tipo di proprietà viene chiamato latifondo, che in latino significa “ampia proprietà agricola”.
Il fallimento delle riforme dei Gracchi aveva accresciuto il malcontento della popolazione e aveva dimostrato che la classe senatoria era incapace di capire la gravità della situazione e di prevederne le conseguenze. A dieci anni dalla morte di Caio Gracco, Roma dovette affrontare i primi evidenti segni della decadenza delle istituzioni repubblicane: la guerra contro Giugurta, la guerra sociale e la guerra civile tra Mario e Silla.