La Rivoluzione americana
Nel XVII secolo si erano formate tredici colonie inglesi d’America. La corona inglese lascia spazio all’intraprendenza privata concedendo ampi margini di autonomia ai coloni, fermo restando il principio di subordinazione degli organismi locali alle autorità del Parlamento imperiale. Tra le colonie non mancano profonde differenze economiche e sociali. L’Inghilterra pone alle tredici colonie dei vincoli che mirano a subordinare l’economia americana agli interessi della madrepatria, tanto che Jefferson (che sarà il terzo presidente degli Stati Uniti dopo Washington e Adams) divenne il maggiore teorizzatore del diritto all’insurrezione dei coloni americani.
I coloni non potevano ricavare profitto dall’esportazione di materie prime, unicamente dirette alla madrepatria. Potevano commerciare solo con l’Inghilterra.
Dopo la Guerra dei sette anni le colonie americane non hanno più motivo di affidarsi alla madrepatria per la difesa dei proprio interessi dalla minaccia franco-indiana, ovvero dagli attacchi provenienti dalla Francia che voleva conquistare le colonie e dall’India, i cui abitanti popolavano il territorio del Canada e degli Stati Uniti prima dell’invasione.
I coloni inglesi era dunque insofferenti, non tolleravano le restrizioni alla libertà di commercio, i dazi e le imposte richieste dalla madrepatria per far fronte alla crisi finanziaria scaturita dalla Guerra dei sette anni. In particolare l’Inghilterra aveva imposto due provvedimenti: lo Sugar Act del 1763 ( che imponeva dazi sui prodotti di importazione in modo da imporre alle colonie il ricorso ai prodotti della madrepatria) e lo Stamp Act (che imponeva un bollo sui giornali e sui documenti ufficiali). Quest’ultima venne percepita come una limitazione all’autogoverno in quanto erano le assemblee locali a emanare leggi fiscali. Questa tassa fu ritirata ma non ne mancarono di nuove come quella sul tè. Il tè poteva essere venduto in esclusiva solo dalla Compagnia inglese delle Indie orientali che importava il tè dalla Cina, tagliando fuori gli intermediari americani e contrastando l’acquisto di contrabbando dai commercianti olandesi (il contrabbando avveniva per l’aumento della tassa d’importazione).
Nel settembre del 1774 i patrioti americani riunirono i rappresentanti di tutte le colonie a Philadelphia nel primo Congresso per definire i propri diritti. Il contingente britannico iniziò a sequestrare le armi degli abitanti di Boston e distruggere le riserve di polveri da sparo dei coloni americani. In questo caso ci fu uno scontro con 70 volontari presso Lexington, l’epilogo sancì la nascita degli Stati Uniti d’America. Questi sviluppi determinarono, da parte dei coloni americani, la costituzione di un esercito posto sotto il comando di George Washington. Nonostante ciò i coloni si dividevano tra coloro che volevano entrare in contrasto con la madrepatria e coloro che desideravano una riconciliazione, riaffermando la lealtà al re e chiedendogli di ritirare le truppe.
Benjamin Franklin, che a Parigi era ambasciatore, convinse il re di Francia a schierarsi a fianco dei ribelli. La Francia decise di schierarsi a fianco degli americani per rimediare allo smacco subito nella Guerra dei sette anni. Nel 1783 la pace di Versailles riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti d’America e nel 1789 Washington viene eletto primo Presidente.