La tolleranza dimensionale
Le dimensioni dei pezzi fisici derivano dai processi di lavorazione impiegati per realizzarli e nessuna lavorazione può garantire una precisione dimensionale assoluta. Per questo motivo è indispensabile prevedere un margine di errore nella realizzazione fisica dei pezzi. A tal fine la norma prevede tre strumenti che si adottano nel disegno per controllare gli errori di lavorazione e sono: la Tolleranza Dimensionale, la Rugosità e la Tolleranza Geometrica. In particolare le tolleranze dimensionali definiscono un intervallo dimensionale considerato accettabile per la dimensione reale che assumerà il pezzo, una volta prodotto in quanto è importante comprendere che ad ogni quota indicata sul disegno è sempre associato, in maniera esplicita o implicita, un valore di tolleranza. Ciò perché ogni componente dovrà essere assemblato con un altro, per cui (e qui risiede il fine della tolleranza dimensionale) è necessario prevedere un limite ad eventuali errori per garantire che vi sia tecnicamente “giuoco” (ovvero compatibilità) e non “interferenza” (ovvero incompatibilità) tra due o più componenti. Le tolleranze possono altresì essere definite come frutto di “errori dimensionali” si dividono in:
a) Tolleranze specifiche: che sono tolleranze rese esplicite mediante la loro indicazione accanto alla quota solitamente indicate in micron, es. 12 ± 0.1
b) Tolleranze generali: che sono tolleranze implicite associate ad ogni quota presente sul disegno, alla quale non sia associata una tolleranza specifica. Per questo motivo NON sono indicate accanto alla quota, bensì in uno specifico spazio dedicato nel riquadro delle iscrizioni, con riferimento alla norma relativa ISO 2768 cui poi viene postposta indicazione della riga e della colonna della tabella in cui è presente il valore di tolleranza, in quanto fanno fede le tolleranze stabilite dalla norma che prevede delle tabelle normate i cui valori di tolleranza dipendono da: valore nominale della quota e classe di tolleranza associata al disegno.