La lotta per le investiture
Nell’ VIII secolo venne elaborato il termine vassallo per indicare un servizio d’armi prestato a un signore in grado di pagare una prestazione. Da li divenne il perno di un’intera organizzazione sociale. Il termine feudo rappresentò l’altro concetto chiave insieme a quello di vassallo. Il feudo rappresentò la contropartita che il signore concedeva al vassallo in usufrutto; ma a partire dal XII secolo il feudo diventa pian piano ereditario, dapprima in Francia, poi in Germania e in Italia settentrionale in virtù dell’imperatore Corrado II nel 1037 (Constitutio de feudis).
L’imperatore aveva la facoltà di nominare i vescovi che nominava con lo scopo di garantirsi sui territori delle presenze che potessero assicurare l’amministrazione e, al contempo, il ritorno dei territori nel controllo degli imperatori, visto che ai vescovi venne imposto dalla Chiesa il celibato.
Nel 1059 papa Nicolò II proclamò il carattere laico dell’imperatore, il quale non poteva consegnare al vescovo l’anello e il pastorale. Gregorio VII, nel 1075, redisse un breve documento, il Dictatus papae, col quale esprimeva la forma monarchica della Chiesa; il papa divenne l’unica fonte di diritto, l’unico autorizzato a convocare un concilio; l’idea che la cristianità fosse una sorta di confederazione tra le varie chiese sparì di fronte alla certificata superiorità del vescovo di Roma.
Enrico IV chiese e ottenne da 24 vescovi tedeschi e 2 italiani la deposizione di Gregorio VII. Il papa reagì scomunicando l’imperatore, il che consentiva a tutti i feudatari tedeschi di sentirsi liberi da ogni forma di dipendenza nei confronti dell’imperatore. Fu questo che condusse Enrico IV a umiliarsi a Canossa, dove il papa aveva trovato protezione presso la contessa di Toscana Matilde, e attendere tre giorni in mezzo alla neve prima di ricevere l’assoluzione. L’episodio era un fatto esclusivamente politico per l’imperatore, il quale, ricevuta l’assoluzione, riprese la battaglia arrivando a occupare Roma e a eleggere un antipapa.
In una lettera inviata al vescovo di Metz nel 1081 il papa ribadì le sue posizioni:
- Il sovrano non può svolgere alcun ruolo nell’amministrazione della Chiesa
- I sovrani non possono essere considerati personaggi sacri
- Il concubinato era vietato ai sacerdoti
Sarà con il trattato di Worms che si troverà in seguito una temporanea pausa alle ostilità: l’imperatore rinunciava a ogni intromissione nell’investitura dei vescovi.
Federico Barbarossa
Alla morte di Enrico IV si aprì in Germania una lotta dinastica, durata circa 30 anni, tra i sostenitori della casa di Baviera (guelfi) e quelli della casa di Svevia (ghibellini). Le due case riuscirono ad accordarsi: a quella di Baviera era affidato il controllo della Germania settentrionale, a quella sveva la corona imperiale, attribuita a Federico Barbarossa (di madre guelfa).
Federico Barbarossa tenta di riaffermare l’autorità imperiale nell’Italia Settentrionale, dove si erano affermati i comuni. Egli impose ai comuni di accogliere un suo funzionario, il podestà imperiale. Questa manovre non piacque alle città comunali, Milano tenne testa più delle altre all’imperatore, ma alla fine fu assediata e le mura distrutte.
I podestà imperiali erano accusati di malgoverno e il malcontento iniziò a diffondersi anche nelle città fedeli all’imperatore, così nel 1167 molti comuni del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna si unirono in un’alleanza militare, chiamata lega lombarda. Il papa Alessandro III appoggiò i comuni e Federico Barbarossa fece eleggere un antipapa. A Legnano, vicino Milano, le truppe dell’imperatore furono duramente sconfitte. Nel 1183 a Costanza venne raggiunta la pace : i comuni mantennero la loro autonomia e giurarono fedeltà all’imperatore.
Dopo la pace di Costanza Federico spostò il suo interesse verso l’Italia Meridionale, dove regnavano i normanni guidati da Ruggero II. La figlia di Ruggero II, Costanza d’Altavilla, venne data in sposa al figlio di Federico Barbarossa, Enrico di Svevia, futuri genitori dell’imperatore Federico II. Il matrimonio venne celebrato a Milano in pompa magna: 150 muli trasportarono la dote dell’imperatrice, ovvero 14 tonnellate di oro.
Federico Barbarossa era riuscito nel suo intento: portare alla famiglia di Svevia l’eredità del regno normanno.
Barbarossa morirà durante la terza crociata.
2 Risposte
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