I moti rivoluzionari
I moti del 1820 – 1821
Dove i sovrani restaurati avevano agito con maggiore durezza, ovvero nell’Europa meridionale, un’ondata di ribellione si sviluppò: i primi moti scoppiarono nel 1820 – 1821 in Spagna, Portogallo, nel regno delle Due Sicilie e in Piemonte. La società segreta più importante in Italia fu la Carboneria, che pose radici nel meridione e da qui si diffuse verso il nord. Il letterato Silvio Pellico e Giuseppe Mazzini gravitarono nella Carboneria prima di dedicarsi ad altro.
Nel 1821 anche i greci si ribellarono all’impero ottomano a cui appartenevano, chiedendo la libertà. I turchi furono costretti a concederla nel 1829. Le potenze della Santa Alleanza, che avevano tutto da guadagnare dall’indebolimento dell’impero ottomano, appoggiarono il popolo insorto e i turchi furono facilmente battuti.
Nuovi moti, dopo quelli del 1820-1821, scoppiarono in Europa dieci anni più tardi. Essi inflissero il primo vero colpo alle forze della Restaurazione. In Francia nel 1824 al re Luigi XVIII succedette il fratello Carlo X, sostenitore della monarchia assoluta per diritto divino, così tornarono a spadroneggiare gli aristocratici e i borghesi si trovarono ostacolati nelle loro iniziative industriali e commerciali. Gli elettori decisero di non appoggiare il re e in tutta risposta Carlo X sciolse il Parlamento, dimostrando di non essere un re costituzionale come lo era il fratello. I parigini insorsero per tre giornate, sventolando il tricolore rivoluzionario. Carlo X fu costretto a fuggire e la corona offerta a un suo lontano parente, Luigi Filippo, duca d’Orléans, incoronato re per volere della nazione. Questi regnò 18 anni col sostegno della ricca borghesia francese.
Le altre insurrezioni furono:
- In Belgio, che chiedeva il distacco dall’Olanda e lo ottenne
- In Polonia, che chiedeva l’indipendenza dall’Impero russo ma non la ottenne
- In Italia, che voleva essere libera dagli austriaci e dal pontefice, ma invano
I moti del 1830 -1831
Nel 1831 nell’Italia centrale la repressione austriaca e il mancato appoggio francese convinsero Mazzini che gli italiani dovevano conquistare da sé l’indipendenza. Il popolo era composto da tutti i cittadini, compresi poveri e ignoranti, non solo persone provviste di ricchezza e cultura a cui si rivolgevano i liberali moderati. Ben presto Mazzini si staccò dalla Carboneria, che criticava per le formalità, i rituali e la segretezza degli obiettivi, così fondò a Marsiglia una nuova associazione, la Giovane Italia, e rese pubblico il suo programma politico: l’Italia futura doveva essere repubblicana, indipendente dal dominio straniero e unita. Il movimento ottenne consensi tra i giovani intellettuali, ma va comunque ricordato che la maggior parte del popolo italiano era composto da contadini analfabeti. Non mancarono episodi fallimentari, come quello dei fratelli Bandiera, ufficiali della marina austriaca iscritti alla Giovane Italia, che, pur non avendo l’approvazione di Mazzini, sbarcarono in Calabria persuasi di poter sollevare il popolo contro i Borboni, ma vennero scambiati per briganti, combattuti dalla stessa popolazione che volevano liberare, presi prigionieri e fucilati.
A differenza dei mazziniani altri patrioti pensavano a una futura Italia federata, cioè costituita dagli stati italiani esistenti, che dovevano unirsi in una confederazione italiana, senza perdere la propria autonomia. Tra i federalisti più conosciuti abbiamo Carlo Cattaneo (democratico repubblicano) e Vincenzo Gioberti, secondo cui a capo della confederazione italiana avrebbe dovuto esserci il papa.
Un po’ ovunque in Italia furono concesse Costituzioni e statuti; la prima Costituzione fu concessa da Ferdinando II, re delle Due Sicilie.
Successivamente, a Torino, Carlo Alberto promulga lo statuto albertino che rimarrà in vigore per 100 anni, dal 1848 al 1948, quando sarà sostituito dalla Costituzione della Repubblica italiana.
I moti del 1848
I moti del ‘48 furono preceduti da una grave crisi economica: diverse annate di pessimi raccolti in tutta Europa, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, chiusura delle fabbriche che non vendevano prodotti, aumento della disoccupazione.
In Francia il re borghese (nonché ultimo re francese), Luigi Filippo, si vide costretto a fuggire e fu proclamata la Repubblica, il 25 febbraio, che introdusse il suffragio universale maschile e istituì delle officine di proprietà dello stato (ateliers); i borghesi ricchi temevano queste riforme socialiste e la maggioranza, durante le elezioni, andò ai moderati e le officine chiuse. Da Parigi le rivolte si diffusero in tutta Europa: Germania, Prussia, Ungheria, Vienna, Italia.
A Vienna venne proclamata la Costituzione.
In Italia il 17 marzo venne proclamata la Repubblica a Venezia e il giorno dopo a Milano il popolo eresse barricate (le cinque giornate di Milano) e costrinse gli austriaci ad abbandonare la città. Inizia così il periodo denominato Risorgimento.
Il Risorgimento italiano è il risveglio dell’Italia, la sua risurrezione, dopo secoli di divisioni interne e di dipendenza dallo straniero.
Gli insorti lombardi chiesero aiuto al re del Piemonte, Carlo Alberto; questi , dapprima esitò, poi varcò con le truppe il confine lombardo, dando inizio alla prima guerra di indipendenza italiana. La prima guerra di indipendenza risultò un insuccesso e Carlo Alberto abdicò a favore del figlio, Vittorio Emanuele II. Soltanto a Roma e Venezia, dove erano state proclamate le Repubbliche, la rivoluzione popolare durò più a lungo, ma anche qui fu repressa: dagli austriaci a Venezia, dai francesi a Roma. Tra i patrioti che parteciparono alla prima guerra di indipendenza ricordiamo Giuseppe Garibialdi e Goffredo Mameli (poeta genovese che scrisse il Canto degli italiani).
In Francia le insurrezioni falliscono: Luigi Napoleone Bonaparte, conosciuto come Napoleone III, nipote di Napoleone, nel 1851 rovesciò la repubblica e si fece incoronare imperatore del secondo impero.
In Piemonte e in Sardegna fu presidente del consiglio Camillo Benso conte di Cavour che indusse Napoleone III ad allearsi con i piemontesi contro gli austriaci. Nel 1859 inizia così la seconda guerra di indipendenza che si concluse con l’annessione della Lombardia, della Toscana e dell’Emilia Romagna al regno di Sardegna (con la terza guerra d’indipendenza verrà annesso anche il Veneto).
Nel 1860 Garibaldi si mette alla guida della spedizione dei Mille, un gruppo di mille volontari che sbarcano in Sicilia combattendo in nome dell’Italia e di Vittorio Emanuele II, re del Piemonte. Grazie a Garibaldi anche il regno delle due Sicilie, le Marche e l’Umbria furono annesse al Piemonte. Il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II fu proclamato re d’Italia in quanto il suo regno comprendeva quasi tutta la penisola! L’Italia aveva una sola capitale, Torino, e un unico Parlamento.
L’800 fu il secolo dell’affermazione della società borghese industriale e pian piano si creeranno grossi divari tra gli operai e i borghesi. I primi costretti spesso a vivere in miseria, in condizioni igieniche discutibili e a lavorare troppo, i secondi detentori della ricchezza, abitanti di case sontuose e interessati solamente al profitto. Inevitabile il presentarsi della questione sociale: scioperi, nascita di sindacati, rivendicazione di diritti e dignità.
Per risolvere la dura questione sociale i democratici proponevano di estendere il diritto di voto a tutti, compresi gli operai più poveri; i socialisti, invece, chiedevano di assicurare anche una maggiore uguaglianza sociale ed economica, oltre che politica, distribuendo in modo più equo la ricchezza prodotta dall’industria.
Nel 1848 due intellettuali tedeschi, Karl Marx e Friedrich Engels, pubblicano a Londra il Manifesto del partito Comunista, un volumetto in cui esponevano la teoria che sono sempre esistite classi dominanti e classi dominate. Nella società in cui vivevano le due classi erano rappresentate dalla borghesia e dal proletariato. I borghesi erano capitalisti che sfruttavano gli operai, pagando il loro lavoro meno del suo valore, bisognava attuare una lotta di classe per abbattere la borghesia e far nascere una società comunista, senza più classi né sfruttamento e caratterizzata dalla proprietà collettiva di tutti i mezzi di produzione (fabbriche, terra, materie prime, macchinari, miniere, ecc).
Il pensiero dei comunisti lo troviamo dominante nella Prima Internazionale, un’associazione di lavoratori di tutti i paesi riunitasi a Londra nel 1864. Nel 1889, a Parigi, si riunisce la Seconda Internazionale, turbata da contrasti interni, vide i socialisti riformisti ottenere la maggioranza (detti anche socialdemocratici).
Sulla questione sociale anche papa Leone XIII (succeduto a Pio IX) inviò ai vescovi un’enciclica, la Rerum Novarum, in cui condannava le idee socialiste e il principio della lotta di classe. Ricchi e proletari dovevano collaborare in nome dell’insegnamento cristiano. Riconosceva, inoltre, il diritto agli operai di organizzarsi per migliorare la loro condizione di vita.