Eschilo I persiani
Nel V secolo a.C. Eschilo scriveva I Persiani, opera teatrale riguardante la parte finale della guerra tra i greci e i persiani: la seconda guerra persiana, avvenuta nel 480 a.C. L’antefatto vede Serse al potere, in quanto il padre, Dario, era già morto in guerra. Questo non impedisce a Eschilo di renderlo ugualmente protagonista dell’opera. Sarà il suo fantasma a riferirci le migliori deduzioni. La tragedia inizia con un sogno, cupo e tormentato, fatto da Atossa, la regina, madre di Serse e vedova di Dario: due donne, una greca e una persiana, litigano e mentre la prima fa cadere il carro trainato dai cavalli, la seconda mostra compostezza. Già da questa descrizione possiamo notare l’intento di Eschilo: rappresentare il mondo dei vinti attraverso gli occhi dei vincitori. I vinti, per chi non lo sapesse, sono i persiani, i vincitori i greci. Questo, però, non gli impedisce di apprezzarli e allo stesso tempo di mettere in luce il male peggiore dell’umanità , quello che rende l’opera attuale, nonostante siano passati 2500 anni. Quale sarebbe questo male? L’arroganza, incarnata in Serse ed estesa a tutto l’impero persiano, desideroso di espansione, oltre misura. L’ubris o hybris potremmo dire, un vizio proprio dell’essere umano, sin da tempi immemori. Serse però non fu solamente ubris, arrogante,con gli uomini, egli lo fu anche con gli dei e questo gli costò la disfatta. Per accelerare il passaggio delle sue truppe aveva traforato il monte Atos, sacro agli dei, e questo gesto gli costò la nemesis, la vendetta degli dei. Sarà proprio Dario a individuare nella smodata ambizione della dinastia persiana la colpa della disfatta. Benché si possa leggere tra le righe dell’opera una prima concezione di spirito europeo nei greci, indubbio resta il fatto che la “smodata ambizione” porta l’uomo a eccedere e causare la sua stessa disfatta. Cosa c’è di attuale dunque in quest’opera teatrale? Sostituiamo il popolo persiano con la civiltà evoluta dei giorni nostri, sostituiamo la battaglia con la competizione tra occidentali e orientali, occidentali e occidentali, orientali e orientali, sostituiamo il traforo del monte Atos con le sperimentazioni in laboratorio e manteniamo il concetto di nemesis. Risultato? La storia si ripete sempre due volte, una volta è tragedia l’altra farsa (C. Marx).
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